Il 12 giugno 2025 segna un passaggio cruciale per la sicurezza stradale in Italia: da questa data entra in vigore il decreto firmato dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini che impone la disattivazione di tutti gli autovelox non omologati. Il provvedimento conferma quanto già stabilito in numerose pronunce della Cassazione: senza l’omologazione prevista dal Codice della Strada, le multe rilevate con dispositivi elettronici di controllo della velocità sono da considerarsi nulle.
Autovelox fissi su strade e autostrade: mappa completa divisa per regione
Omologazione Autovelox
Il nodo centrale è rappresentato dalla mancanza, da oltre trent’anni, del decreto ministeriale emanato dal Ministero delle Imprese, necessario per definire le procedure tecniche di omologazione degli autovelox. L’omologazione, a differenza della semplice approvazione tecnica – iter molto più rapido e meno rigoroso – serve a garantire la precisione e l’affidabilità del dispositivo nelle condizioni operative reali. Senza tale passaggio, nessun dispositivo può essere considerato pienamente conforme alla legge.
La pronuncia della Cassazione
La Cassazione, con le due ordinanze gemelle del 26 maggio 2025 (n. 13996 e 13997), ha rafforzato questa posizione: nella prima ha ribadito l’obbligatorietà dell’omologazione ai sensi dell’art. 142 del Codice della Strada; nella seconda, ha innalzato gli oneri a carico dei cittadini, stabilendo che, in presenza di verbali che dichiarano falsamente l’omologazione del dispositivo, è necessaria una querela di falso per far valere l’illegittimità della sanzione. Una via giudiziaria complessa, lunga e costosa.
“È un aggravio sproporzionato per il cittadino”, osserva Mauro Renna, docente di diritto amministrativo all’Università Cattolica di Milano, “che si trova a dover sostenere due giudizi per vedere riconosciuto ciò che la legge già prevede: l’invalidità di multe emesse con strumenti mai formalmente omologati”. Renna sottolinea inoltre l’evidente responsabilità dello Stato, colpevole di non aver mai varato il decreto attuativo previsto dal Codice del 1993.
Omologato o non omologato?
Il paradosso si fa ancora più evidente se si considera che alcune amministrazioni comunali continuano a indicare nei verbali la dizione “omologato”, nonostante l’omologazione sia di fatto impossibile. Eppure, in base alla normativa vigente, quella dichiarazione gode di fede privilegiata e fa piena prova fino a querela di falso, obbligando il cittadino a intraprendere un secondo e oneroso giudizio per veder riconosciuto un diritto già sancito dalla Cassazione.
A questo si aggiunge l’incertezza operativa sul territorio. Luigi Altamura, comandante della Polizia Locale di Verona e referente Anci in Viabilità Italia, dichiara: “Abbiamo già eliminato la parola “omologato” dai nostri verbali, ma rimaniamo in una condizione sospesa. Da 33 anni attendiamo un decreto che dia certezza giuridica e operativa. L’obiettivo non è sanzionare, ma salvare vite”.
Anche Giordano Biserni, presidente di Asaps, non nasconde la frustrazione: “Spegniamo tutto. Non possiamo permettere che i comandanti della Stradale o dei comandi municipali vengano condannati per una lacuna normativa che lo Stato si porta dietro da decenni. Lo scorso weekend abbiamo registrato 37 vittime sulle strade italiane: un record tragico per il 2025. E intanto si discute ancora se sia valida l’omologazione di dispositivi mai formalmente omologabili”.
Conseguenze economiche
Le conseguenze non sono soltanto giuridiche o operative, ma anche economiche. I Comuni rischiano di dover rimborsare le spese sostenute per l’invio dei verbali e le eventuali spese legali affrontate dai cittadini. Il Codacons avverte che, in caso di giudizi favorevoli agli automobilisti, lo Stato potrebbe dover affrontare una pioggia di richieste di risarcimento per danno erariale. Un’ipotesi non remota, che potrebbe coinvolgere anche la Corte dei Conti.
Senza norma si spegne tutto
Il vuoto normativo ha già costretto alcuni enti locali a spegnere gli autovelox. L’incertezza continua a dominare, anche a causa del ritiro – avvenuto dopo un breve passaggio a Bruxelles – della bozza di decreto sull’omologazione trasmessa dal Ministero delle Infrastrutture. La senatrice Raffaella Paita (Italia Viva) ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro dei Trasporti, sottolineando l’urgenza di colmare una lacuna che mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
La distinzione tra approvazione e omologazione è dunque tutt’altro che tecnica: si tratta di una garanzia costituzionale per il cittadino, come ricordato dalla Suprema Corte. L’approvazione attesta la conformità teorica di un dispositivo; l’omologazione, invece, certifica che lo strumento sia stato testato e rispondente a rigorosi standard metrologici, anche in condizioni ambientali complesse.
Eppure, c’è ancora chi tenta di confondere le acque, invocando circolari ministeriali o interpretazioni semplificative. La Cassazione, però, è stata chiara: la legge è superiore alle circolari. Senza il decreto tecnico previsto dal Codice, non c’è omologazione possibile. E senza omologazione, non c’è multa valida.
Intanto, le sanzioni continuano a essere impugnate, i contenziosi aumentano e gli introiti previsti dai bilanci comunali rischiano di trasformarsi in perdite. Ma come ricorda Mauro Renna, “la legalità vale per tutti. Anche per lo Stato”.